di Arrighetta Casini
Chiara Rantini, La resa delle ombre, Alcheringa ed., Anagni, 2018
Chiara Rantini esce con questo primo romanzo e già si presenta come una scrittrice matura sia per l’originalità della trama molto avvincente sia per la scrittura sapientemente articolata, ricca, piena di suggestioni, capace non solo di aderire alla psicologia dei personaggi, ma di esaltarla, anzi quasi di esasperarla man mano che la tensione emotiva cresce.
L’Autrice fin da subito mette in gioco tante “cose” dense di significato.
Prima di tutto l’immagine di copertina: una bella foto della stessa Autrice che subito coinvolge il lettore. A me ha fatto pensare alla selva oscura di dantesca memoria.
E’ la selva immersa in ombre ingigantite dalla debole luce di un sole malato che a stento si fa strada fra le nuvole in un sole di uniforme grigio.
Sono però le parole che colpiscono di più perchè dense di significato, prima di tutto la parola “ombra” che, oltre che nel titolo, ricorre molte volte nel testo.
Poi la parola “anima” anche questa usata molto usata con un significato vasto come nell’ex ergo di un filosofo presocratico, Eraclito:
“I confini dell’anima, nel tuo andare non potrai scoprirli, neppure percorrendo ogni strada, tanto profonda è la sua ragione”
Qui non è il caso di addentrarsi in una questione che ha attraversato la storia della filosofia, forse meglio ricordare la frase di Blaise Pascal: “Il cuore ha ragioni che la ragione non capisce”.
Molti ed attuali sono i significati simbolici dell’ombra. Simbolo e mito all’origine della conoscenza e della pittura. Il mito della caverna di Platone: solo ombre possiamo vedere noi esseri incatenati nella caverna. O il mito pliniano delle origini della pittura: l’atto di circoscrivere con un segno l’ombra di un uomo per crearne un’immagine.
Ma è sull’uomo, sulla sua psiche che il significato dell’ombra trova la sua espressione più immediata. Già Robert Louis Stevenson con il suo Dott. Jekill e mr. Hide aveva messo in evidenza il lato oscuro che si cela nell’animo umano .Poi la psicanalisi: l’archetipo dell’ombra elaborato da Jung è legato al concetto freudiano di inconscio.
Secondo Jung l’archetipo dell’ombra rappresenta il lato scuro della nostra personalità. Pensare di non possedere un’ombra è pura illusione, solo nell’oscurità più completa si può non avere ombra.
Per Jung l’ombra disconosciuta minaccia l’equilibrio psichico, ma se riconosciuta e vinta è fonte di energia psichica,
E’ questa la “resa delle ombre”?
Certamente Chiara ci propone un viaggio più articolato e complesso, più interessante e più vivo di una teoria psicanalitica, incarnato in personaggi che ingaggiano una lotta contro le “ombre” specialmente quelle più devastanti della follia in un clima di cupo romanticismo che fa pensare a tipologie nordiche.
Il libro si apre con un prologo che, in realtà, è un epilogo.. Ci dice che sì le ombre si possono vincere.
La protagonista ,Lena, ci è riuscita non grazie a sedute psicanalitiche, ma con la forza che solo la donna ha: quella di generare un nuovo essere, di dare la vita.
Si snoda allora il romanzo come un viaggio all’indietro che ci appare come una lunga discesa agli inferi ora attratta, ora respinta dalla fascinazione non solo dell’amore ma anche della pazzia.
Amore e pazzia è Janis.
Già il loro incontro è strano e denso di segni:
“Qualcosa di scuro mi passò vicino, ne vidi l’ombra confondersi con un’altra”
“Un’intuizione mi suggerì che qualcosa di insolito, di bello, di straordinariamente potente aveva incrociato la mia strada”
Ed ancora:
“Al terzo piano le porte si aprirono ed entrò un uomo avvolto in un cappotto di panno nero: Restai immobile paralizzata dallo stupore:L’ombra che era passata vicino a me il giorno precedente era entrata nell’ascensore. Vidi le dita scarne toccare i tasti e distendersi sulle pareti. Non avevo paura e tuttavia avvertivo un senso di mistero.”
Nasce così con “un carico enorme di emozione” un rapporto intenso e difficile, eppure Lena, ragazza che si trova in un bivio incerto della sua vita, in quel suo camminare per tutta la notte con lo sconosciuto prova “gioia”. Anzi molto di più:
“Compresi che la vita non si esauriva in me ma continuava in tutto ciò che mi circondava tramite connessioni segrete. Tutto era vicino, raccolto come in un punto e finalmente non aveva importanza dove mi trovassi e con chi: non ero più sola”
E’ una sensazione bellissima che ritorna dal passato grazie a Janis che Chiara presenta così:
“Lui era alto magrissimo, il volto affilato come quello di un lupo, i lineamenti perfetti incastonati in una carnagione luminosissima” La
Janis è un musicista, anche Lena è un’artista, dipinge.
Inquietante è anche la casa di Janis:
“Una sensazione di tristezza mi pervase l’anima: lo spazio della casa era solo un universo vuoto senza porte arricchito da pochi essenziali mobili e moltissime stoffe con tende, cuscini, tappeti, arazzi”
Ma il “il doppio” di Janis non è solo una condizione interiore luce-ombra, ma anche fisica: Janis ha un fratello maggiore Adrian con il quale vive quasi in simbiosi , un’unità che si è formata di fronte all’indifferenza e alla povertà affettiva della famiglia.
Lena si troverà nel mezzo, protetta in un certo senso dalla presenza di Adrian che sempre si trova fra i due.
I personaggi del romanzo sono pochi e vivono in un loro mondo che non è tipizzato quanto a tempo e spazio, l’ambiente è proiezione di stati d’animo.
Lena, Janis e Adrian occupano quasi per intero la scena, appare appena Marta, ama Adrian ma sta in disparte conscia che la gran parte della vita di Adrian è occupata da Janis. C’è poi un personaggio sfuggente che appare poco è Alma che si configura come colei che può curare, che sa.
Lena è la protagonista, racconta in prima persona, il susseguirsi delle esperienze ad alta tensione emotiva fino alla drammaticità nelle quali si è gettata con tutta se stessa per sfuggire ad una famiglia apprensiva e appiattita nella più squallida normalità.
Per contrasto l’amore per Janis ha subito i caratteri dell’eccezionalità, una quotidianità che è sempre sopra le righe, dove il sublime, il terribile, l’angoscioso, il tragico si alternano senza trovare una pur minima composizione in una possibile normalità.
Mi sembra che la scrittura di Chiara esalti tutto questo e crei un clima di tensione romantica che rimanda a certi stilemi cari allo Sturm un Drang.
Prima di tutto tratteggiando un paesaggio che non è solo sfondo degli avvenimenti, ma riflette, accompagna, talvolta amplifica gli stati d’animo.
E’ un paesaggio immaginario, Himmelort non esiste, ma ha le caratteristiche di una città del nord: il freddo, i canali, il bosco. Spesso ha i caratteri della fiaba dove tempo e luogo rimangono indeterminati.
“Percorremmo una strada stretta, fangosa che tagliava il centro di uno sparuto villaggio di case contadine dai tetti di paglia…..
L’elemento acqua ha molta importanza in questo paesaggio dell’anima: la pioggia purificatrice, l’acqua morta dei canali o quella oscura e ferma del lago che sembra voler inghiottire Lena e Janis, ma è il mare, ora quieto che appare in uno scorcio, ora in tempesta, ma sempre esaltante e liberatorio.
Vorrei ritornare sulla parola “anima” che spesso ritorna nella narrazione.
La storia di Lena e Janis che Chiara racconta è una storia d’amore nella quale si parla pochissimo di corporeità. Il corpo non appare mai nel godimento dei sensi ma nel dolore, il pianto, la malattia. Questo amore si muove in un’altra dimensione, quella dell’anima, come a voler comprendere nella relazione l’intero individuo esaltando la parte emozionale e psicologica, ancora di più: c’è la volontà di scavare a fondo nell’irrazionalità e nella pericolosità di questa situazione amorosa, di questo amore “misterioso e inaccessibile”
Già Lena aveva intravisto questo percorso difficile:
“In lui avevo visto come in uno specchio un destino di profonda sofferenza e di gioia estatica”
Solo una parola “amore” per indicare tante storie.
Nel romanzo Alma, la donna sapiente, indica tre vie dell’amore:
“La prima segue un percorso pianeggiante finisce di perdersi in un nebbioso orizzonte. La seconda si arrampica per un pendio terminando contro una parete rocciosa. La terza segue una via d’acqua per poi dileguarsi in una vastità luminosa che avrei potuto indifferentemente indicare come cielo o come mare”
Ancora l’acqua in cui la vita è nata e si rigenera potrà portare alla “ resa delle ombre”?