Stefano Fortelli e la dark-poetry

INTERVISTA a cura di Chiara Rantini

Chi è Stefano Fortelli? Quando ha avuto inizio la passione per la scrittura e perché?

Ammesso che Stefano Fortelli esista, oggi è in larga parte la personalità che si evince dai suoi scritti.

Ho cominciato a scrivere circa sette anni fa, ma non mi sento appassionato di scrittura più di quanto mi senta appassionato di altre cose.

Sul perché abbia iniziato ci sono due fasi da considerare, quella iniziale, legata alla passione per la musica e all’idea di scrivere testi di canzoni e una seconda legata al confronto con personalità dell’ambito musicale e letterario con la conseguente consapevolezza di essere in grado di scrivere testi poetici. In seguito, non mi vergogno a dirlo, un graduale autocompiacimento mi ha portato a prendere in considerazione l’idea di pubblicare il primo libro. Da quel momento in poi, la vena creativa è stata accompagnata da un lavoro di ricerca e affinamento di uno stile che possa essere, coinvolgente, originale e al passo coi tempi.

Prima di presentare i tuoi testi, quali sono gli autori o le correnti letterarie da cui trai ispirazione?

Non ho cultura enciclopedica né sono un lettore vorace, ma avendo ben in mente l’idea di voler creare uno stile tutto mio, mi sono limitato ad approfondire alcuni dei cosiddetti poeti maledetti, con particolare riferimento ai padri del simbolismo francese della seconda metà dell’800, per poi passare alla poesia italiana del ‘900 e in particolare alle opere legate allo stile ermetico di Quasimodo, Ungaretti e Montale, nonché alla poesia sociale e di strada di Pasolini. Apprezzo inoltre la scrittura e il coraggio di Emily Dickinson.

È appena stata pubblicata la tua ultima silloge poetica. Continuità o rottura rispetto alla prima?

Continuità e affinamento

Cos’è la dark poetry e in quali aspetti pensi che la tua lirica sia espressione di questo genere di poesia?

Sebbene ritenga che ognuno sia dotato di potenzialità poetiche, esplicitate nei più svariati modi, ritengo tuttavia che manchi il coraggio, vuoi per paura, vuoi per convenzioni sociali, di affrontare temi pesanti e scomodi che riguardano da vicino ognuno. Questo reiterato lasciarli incompiuti, nell’oscurità, mi ha spinto a scriverne nel modo più diretto e doloroso. Il lettore dovrà fare i conti con i propri demoni e portarli alla luce, senza tuttavia sentirsi solo nel suo viaggio.

Nella poesia Triste, tratta dalla tua ultima raccolta Il martello nella testa, scrivi: Sono triste, sto bene. C’è qualche riferimento alla saudade portoghese, alla “malinconia” russa (tоска) o al Fernweh tedesco di romantica memoria?

Ammetto la mia ignoranza in riferimento alla malinconia russa e tedesca. Il Portogallo invece mi ha sempre affascinato, e da amante della musica, mi sento vicino ai temi del fado con la sua saudade

In un’altra poesia, tratta dalla medesima raccolta, affermi che i poeti si dissanguano a causa della loro passione e nella storia della lirica mondiale abbiamo tantissimi esempi di artisti che hanno speso e consumato tutta la loro vita per la poesia. Alludi al fatto che il poeta è spesso isolato dalla società e poco “letto” nonostante l’immane dedizione alla causa della cultura?

Certamente alludo al doloroso isolamento e il sentirsi spesso incompreso del poeta, ma anche a una sensazione psico-fisica, che si manifesta nell’atto dello scrivere, con una iniziale sensazione di straniamento, e a lirica terminata, di svuotamento…

Nella poesia Vita in pausa le figure dell’uomo e del poeta sembrano sovrapporsi. È forse questa la condizione esistenziale predominante, secondo la tua opinione?

La poesia in questione nasce dalla personale visione in bianco e nero della vita. Una visione che impedisce di vederne i colori e quindi viverla. In questo caso è evidente il sovrapporsi, e oserei dire il confondersi, dell’uomo e del poeta.

Progetti per il futuro?

Intanto mi preme ringraziare Helios Edizioni, neo costituita casa editrice, rigorosamente no eap, per la professionalità, il dinamismo, nonché la disponibilità e il rispetto dell’autore in tutte le fasi del lavoro pre e post pubblicazione.

Ho svariati progetti già terminati o da ultimare, di cui uno legato a una poesia ulteriormente edulcorata e la scrittura di un romanzo già iniziato, ma sul cui completamento prevedo tempi lunghi.

Notizie biografiche:

Stefano Fortelli, napoletano sui generis, nasce l’11 aprile del 1965 a Napoli, dove tuttora vive. L’amata città natale,

piena di energia, cultura e contraddizioni, incide profondamente sulla sua formazione caratteriale e artistica, generando l’urgenza, assecondata negli ultimi anni, di dare sfogo al suo sentire, attraverso la poesia.

Fortelli è al contempo ideatore e partecipante del duo artistico ION,

che realizza originali installazioni utilizzando antiche valvole termoioniche.

Partecipa e risulta tra i vincitori di due contest promossi

dall’Associazione Culturale Poesie Metropolitane,

presentando una poesia in italiano e una in vernacolo.

A fine 2019 pubblica il suo primo libro L’ultimo giorno (versi dell’aldilà),

una silloge poetica con la quale ottiene ottimi riscontri di critica.

A distanza di un anno pubblica il suo secondo lavoro, una raccolta

di dark poetry dal titolo Il martello nella testa.

Stefano Fortelli, Il martello nella testa, Helios ed., 2020

INCONTRI FANTASTICI NELLA STORIA. LA NARRATIVA DI ALFREDO BETOCCHI.

di Chiara Rantini

In questa breve intervista conosciamo un autore emergente italiano, nato in Grecia ma residente a Firenze da molti anni, Alfredo Betocchi. Scrittore di romanzi, racconti, poesie e favole per bambini, negli ultimi anni ha dato alle stampe una trilogia sospesa tra il genere fantastico e quello storico: L’orologio della torre antica, La Maga Tara, Selina.

Come è nata in te la passione per la scrittura?

Cara Chiara, prima di tutto ti ringrazio di avermi dato questa opportunità. Poi devo confessare di essere nato in Grecia. Ho respirato sin da subito l’aria dell’Olimpo e il cibo degli Dei. Questo mi ha indirizzato verso l’amore per la Storia e gli studi classici. Mi è sempre piaciuto scrivere, fin da piccolo. Scrivevo piccole storielle poi, da studente, come molti, ho scritto articoli politici su fogli ciclostilati. Con la maturità e la passione per lo studio della storia delle bandiere, ho cominciato a scrivere articoli in Italia e all’estero su periodici di settore. Infine nel 2007 ho avuto l’ispirazione per scrivere romanzi. Ramesse con logo

Oltre al romanzo, sei autore anche di racconti e di poesie. Che genere preferisci scrivere?

Sicuramente il mio genere preferito è quello storico, ma non disdegno scrivere d’amore e d’avventura. Sono nipote del poeta Carlo Betocchi ma non mi sono mai considerato un poeta. Le poesie sono state una simpatica parentesi che si è chiusa definitivamente. Ho pubblicato nel 2013, alcune poesiole in un volume intitolato: “I poeti contemporanei” edito da “Le Pagine”. Ho pubblicato pure un paio di favole buffe per bambini.

Parliamo della tua trilogia. Da dove nasce il tuo interesse per il mondo magico e la stregoneria?

E’ nata una notte di Luglio del 2007 quando sognai di un ragazzo che forse, ero io. Questi saliva una torre, su, fino in cima, dove incontrava uno spettro terrificante. Questo sogno mi rimase così impresso che decisi di metterlo per iscritto. Per gradi nacquero così la trama e i personaggi. Arretrando sempre più indietro nel tempo, arrivai alla fine del XIII secolo, tempo di Crociate e di lotte civili nell’antica Florentia, vicende che mi hanno sempre affascinato.

In tutti i tuoi romanzi, si alternano piani temporali diversi. Passato, presente e futuro convivono insieme nella stessa opera. È questa la caratteristica della tua scrittura?

Copertina CampanoIl tempo è un soggetto affascinante e mi è venuto spontaneo raccontare due storie ambientate in secoli molto distanti tra loro. All’inizio avevo in mente due trame, molto nebulose poi, pian piano, si sono rivelate nella mia mente trasferendosi sulla punta della penna. Tutti e tre i romanzi della “Trilogia delle Streghe” sono stati concepiti in questo modo.

I personaggi femminili sono sempre protagonisti. Cosa ti affascina del mondo delle donne?

Devo essere sincero, all’inizio del mio primo romanzo avevo l’intenzione di fare protagonista Enrico di Torrebruna, un nobile dell’aretino, poi l’incontro con Elodìa mi ha preso la mano e questa ragazza è diventata la vera star del libro. Nel secondo e nel terzo romanzo, la linea era già tracciata e le donne sono state i miei personaggi preferiti. E’ molto più intrigante raccontare una storia vista dalla parte delle donne e non so se, come uomo, ho centrato lo scopo. Trattandosi poi di streghe, era giocoforza occuparmi di personaggi femminili. La favola d’amore che racconto è originalissima e, al contrario delle favole tradizionali in cui il Principe Azzurro accorre per salvare la Principessa, qui è Lei la protagonista che salva il suo innamorato. E’ un romanzo tutto al femminile, dove le donne prendono in mano il loro crudele destino e lo rovesciano, creando prima un grande male e poi distruggendolo, con il loro coraggio e determinazione. Copertina mia

Cosa ti diverte di più nel mettere insieme generi diversi nello stesso romanzo, come il thriller, lo storico e il sentimentale?

Scrivere storie mi diverte sempre, qualsiasi genere io tratti. La scrittura è creazione e nel “maneggiare” i miei personaggi e il loro destino mi semto come un Demiurgo. Gli uomini non sono Dei perchè non conoscono il loro Fato. Gli scrittori invece sono come gli Dei, perchè conoscono il destino dei loro personaggi.

Nella tua trilogia, quale personaggio ha richiesto da te un maggior sforzo creativo? E perché?

Sicuramente la strega Elodìa, personaggio controverso, nato per amare ma che ha cambiato il suo amore in un odio secolare. Questa figura è nata in un secondo tempo, avendo necessità di un “cattivo” (in questo caso una “cattiva”) che traviasse e plagiasse una nobile fanciulla. A forza di retrocedere nel tempo, mi sono ritrovato nel XIII secolo. Un altro personaggio che mi ha veramente “provato” è stato il Gatto parlante, nato nel secondo romanzo ma che avrà un inaspettato sviluppo nell’ultimo libro.

Copertina SELINAProgetti futuri?

Dopo la pubblicazione del mio ultimo romanzo “RAMESSE XI”, ambientato nell’Egitto del 2012, con implicazioni nel 1077 avanti Cristo, spero di poter pubblicare “Aquileia”, ambientato nel 452 dopo Cristo, al tempo dell’invasione degli Unni di Attila in Italia. E’ un romanzo storico d’amore. Nel cassetto ho altre belle idee, già inizate…..fantascienza, storia, ancora amore. Vedremo.

Per finire, devo consigliare a chi fosse interessato ai miei libri, di rivolgersi direttamente a me sulla mia mail: abetocchi@yahoo.com oppure sulla Pagina Facebook : https://www.facebook.com/AlfredoBetocchiScrittore/

 

NOTE BIO-BIBLIOGRAFICHE

Alfredo Betocchi, nato ad Atene in Grecia, ha vissuto a Milano e infine a Firenze. In gioventù è stato membro dell’Ass. Scautistica Italiana. Ha conseguito il diploma di maestro elementare e ha frequentato la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere all’Università di Pisa. Ha viaggiato l’Europa per approfondire i suoi studi classici. Ha insegnato nelle scuole della sua città. Ha lavorato come economo e infine all’ufficio matrimoni del Comune di Firenze. E’ sposato ed ha un figlio. Appassionato di bandiere e di storia, ha pubblicato articoli su periodici italiani e stranieri del settore in varie lingue. Collabora con “Vexilla Italica” del Centro Italiano Studi Vessillologici. Ha scritto divertenti e curiosi articoli, come biografie di personaggi poco noti, tradizioni popolari italiane e musica su bimensili fiorentini (“INSIEME” edito dal Comune di Firenze e “IL GRILLO, edito dal DLF di Firenze). Ha pubblicato favole per bambini in “Acqualuna della Luna e altre Storie”, Ed. Luna Nera, oltre ad alcune poesie nell’antologia “I Poeti Contemporanei” e scritto racconti per ragazzi sul genere “Ai confini della realtà”. Amante del fantastico, nel 2010 ha pubblicato il primo romanzo della “Trilogia delle Streghe”dal titolo:

– “L’OROLOGIO DELLA TORRE ANTICAper l’Editore “Il Campano” di Pisa.

Nel 2013 è uscito il secondo libro dal titolo:

– “LA MAGA TARA ripubblicato nel 2017 dallo stesso autore.

L’ultimo romanzo della Trilogia,

SELINA, l’ultima strega, è uscito a Natale del 2016 per i tipi di “Virginia Editrice”.

Ha ancora nel cassetto in attesa di pubblicazione altri romanzi di vario genere: amoroso, avventuroso, storico e fantascientifico, oltre a racconti brevi per ragazzi di genere fantastico.

La Trilogia può essere acquistata direttamente dall’Autore contattandolo sul suo profilo Facebook

o alla Pagina “TRILOGIA DELLE STREGHE” o alla mail “abetocchi@yahoo.com

La sposa nella pioggia, una raccolta poetica di Daniele Cargnino.

Cari Lettori, oggi abbiamo incontrato Daniele Cargnino, torinese, autore della raccolta di poesie La sposa nella pioggia.

DANIELE CARGNINO, videomaker, sceneggiatore, Dj per una radio libera torinese e scrittore/poeta esordisce con la sua prima raccolta di poesie La Sposa nella pioggia (Ensemble, 2018)
“Qui ci sono tutti i miei sensi di colpa, i miei rimorsi e rimpianti, i giorni perduti e mai più ritrovati. Potete leggere queste righe come più vi piace, una frase alla volta o tutte insieme come dei racconti brevi. Si possono urlare o leggere in silenzio, respirando piano o buttando fuori l’ennesima sigaretta della giornata. In piena notte, o sotto il sole coperto di nuvole. Se passeggiate, vi consiglio di dare una lettura quando arrivate alla meta del vostro cammino oppure se siete su un treno diretto chissà dove a specchiarvi nel finestrino di un paesaggio monotono e senza vibrazioni. Questo (non) sono io, ma una piccola ombra del mondo che verrà.”

https://www.facebook.com/lasposanellapioggia/

Intervista a cura di Chiara Rantini.

  • Buongiorno, Daniele. Come nasce la raccolta poetica La sposa nella pioggia?

  • Potrebbe essere nata durante uno di quei temporali autunnali che si scatenano su Torino, la mia città. Oppure potrebbe essere nata in riva al mare un giorno di inverno. dopo avere passato ore a guardare le onde tuffarsi nell’orizzonte. O ancora potrebbe essere nata dall’incontro con una donna, in una di quelle notti con la luna coperta di nuvole e le strade deserte. Potrei continuare così per ogni poesia che scrivo. Credo non ci sia stato un momento preciso in cui mi sia detto che era ora di buttare su carta i miei pensieri. Non mi considero un poeta o uno scrittore, mi piace solo avere un foglio davanti e scrivere quello che provo, che sento, che voglio raccontare, fin da quando andavo al liceo, all’inizio scopiazzando dai miei scrittori preferiti, poi nel corso degli anni -spero- con una mia poetica più personale. Questa raccolta è quindi la somma di alcuni momenti e fasi della mia vita che uniti formano La sposa nella pioggia – una parte di ciò che sono, o potrei essere io.

  • Quale origine ha il titolo?

sposa nella pioggiaIl titolo è venuto senza pensarci troppo. Quando mi chiedono da dove derivi, immaginano tutti una figura malinconica- una donna, il giorno del suo matrimonio, sotto il diluvio, che effettivamente è un’immagine triste, ma anche molto bella e poetica. Ma non è la risposta giusta. Non sono neanche sposato. No, la raccolta si chiama così grazie a un racconto di uno dei miei scrittori preferiti, Beppe Fenoglio, vicino a me sia per motivi geografici (sono metà cuneese), sia per motivi politici. A parte questo, di Fenoglio, dei suoi temi, dei suoi partigiani non c’è traccia nelle mie poesie, solo questo titolo, quasi un tributo a lui e alla sposa sotto la pioggia del suo racconto, che vi consiglio di leggere.

  • Quali sono i poeti, antichi e moderni, che ti hanno maggiormente influenzato?

  • Bastano due nomi. Il primo è Cesare Pavese, modello inarrivabile, sospeso tra due mondi, tra la città (Torino) e la campagna (le Langhe), esattamente come me, Pavese, scrittore di libri di assoluta bellezza e autore di poesie tra le più belle di tutta la letteratura italiana e mondiale. Per me esiste Pavese e poi tutto il resto della letteratura. Non me ne vogliano gli appassionati di altri scrittori e scrittrici! Il secondo nome invece è Jack Kerouac, per me il più grande artista americano. Colui che in tutte le sue opere è riuscito a trasformare la prosa in poesia. Sulla strada, ma anche gli altri suoi libri, sono state delle vere rivelazioni e fonti di ispirazioni infinite.

  • Questa raccolta si può leggere tutta d’un fiato come un dialogo – monologo d’amore oppure frammentarla e leggerla a pezzi. Quale, tra queste, è la migliore chiave di lettura?

  • Non credo ci sia una risposta corretta o delle istruzioni su come leggere le mie poesie. Tutti e due i modi possono essere giusti, a seconda del momento in cui si sceglie di aprire il libro, dell’umore, del luogo in cui vi troviate. Mi piace l’espressione dialogo interiore con me stesso, meglio ancora una lunga sceneggiatura di un film mai girato. I complimenti più belli che mi abbiano fatto riguardo alle poesie sono di persone che si sono riconosciute in un verso, in una riga, e hanno trovato qualcosa di loro in quello che ho scritto. Penso sia molto bello che storie così personali siano arrivate anche a donne e uomini così lontani dal mio mondo e e dal mio modo di intendere la vita. Perché alla fine siamo tutti fatti di storie,no?Ognuno le può leggere nel modo che preferisce. Potete farlo quando tornate la sera a casa, quando siete innamorati o se avete appena finito di piangere per l’ennesima storia finita male e mai iniziata. Potete farlo mentre farlo mentre siete su un treno diretto chissà dove; da soli, prima di andare a dormire ascoltando la musica; dopo aver fatto l’amore, bacio dopo bacio una poesia alla volta, sottolineando i passi che vi sono piaciuti di più, spiegazzando la pagina, ridendo, fumando una sigaretta, guardando la pioggia cadere sui vetri delle finestre.

  • In questa raccolta uno dei temi ricorrenti è il senso di perdita. Che ruolo ha la poesia rispetto agli elementi dell’assenza e della distanza?

  • Si evincono così tanto questi temi? Ovviamente sì, perdita – assenza – distanza sono molto ricorrenti in quello che scrivo. La perdita di persone con cui ho condiviso molti chilometri del mio cammino e di momenti che non torneranno più. L’assenza che a volte pesa come un macigno e la distanza sia fisica che mentale, che come una bandiera divide il presente dal passato, strade che si sarebbero potute prendere se si avesse avuto il coraggio di avvicinarsi e trovare, oppure lasciare andare senza rimpianti. Il senso del vuoto. Sostituire quel vuoto a tutti i costi. Fa male se ci pensi.

  • Ha senso attribuire alla poesia il potere della cura e della protezione da una realtà troppo dura?

  • Sarebbe bello, ma no. Al massimo può aiutare – esorcizzare un momento, un episodio, a scaricare i pensieri rabbiosi, dolorosi, come una scarica di fulmini. Ma non può, e non deve essere, una cura. E’ solo scrittura, sono solo parole su un foglio, che ognuno interpreta come vuole. Servono a fissare un’emozione, a dichiararsi, a rimpiangere una cosa che non tornerà più, ma non è una cura, né la panacea di tutti i mali, di tutti i mali interiori che abbiamo. Sarebbe bello abitare o rifugiarsi in una poesia ogni volta che la realtà si fa troppo dura, ma purtroppo non funziona così.

  • I richiami al passato sono frequenti nella tua poetica. Possiamo parlare di una rievocazione del mito dell’infanzia come età felice della vita?

  • Guarda,da appassionato di Pavese potrei -anche inconsciamente – risponderti di sì. In realtà non è così. Ho avuto un’infanzia normale come tanti altri, con momenti felici e altri più tristi. Eppure più cresciamo più quella normalità ci manca. Come mai? Forse perché c’era un mondo da scoprire e non si aveva tempo per altri pensieri e responsabilità? Forse perché da bambini si pensa di avere tutto a portata di mano, basta solo allungarla? Sicuramente è un’età particolare, ma la rendiamo mitica solo quando l’abbiamo persa e cresciamo, lasciando alle spalle le emozioni che avevamo coltivato giorno dopo giorno. Credo si chiami diventare grandi. Maturi, adulti, e con più sensi di colpa e rimpianti. Penso molto al passato. Credo di essere ammalato di nostalgia. A volte sono un completo disastro, pieno di ansie, debolezze, fragilità. Sarebbero meglio mille rimorsi piuttosto che un solo rimpianto, ma non va sempre così. E allora penso al passato con tutti i suoi dubbi e le difficoltà e le contraddizioni, a ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. Pur essendo consapevole che quel passato non sempre è stato bello, tra incomprensioni, delusioni e fallimenti.

  • Quale è il motore della tua poesia? E che ruolo hanno la nostalgia , il rimpianto e la malinconia?

  • Fossi Bukowski ti direi l’alcool, fossi Kerouac le droghe, Neruda l’amore. Ma sono solo Daniele Cargnino, e il motore con cui scrivo non so se si può dire o se è interessante per i lettori, visto anche il prezzo della benzina! Diciamo che potrebbe essere un po’ di tutto (!!!), oppure un’idea catturata nel mezzo della giornata, un ricordo improvviso mentre osservo una donna o una nuvola, o un sogno che si arrampica sulla schiena e non si toglie più finché non ne scrivi. Non sono sicuro di ciò che si dice a proposito della tristezza, che il vento la porta via. A volte il vento non soffia e la tristezza resta, creando ferite invisibili. La nostalgia è un po’ come il passato, si infila sotto pelle e te la porti dietro ovunque tu vada. Come i profumi di cui scrive Proust, io trovo la nostalgia – e con essa i ricordi- attraverso un paesaggio visto dal treno, o immaginando un incontro con una persona amata che ho perso nel corso degli anni. I rimpianti fanno parte anch’essi della nostra vita, non penso ci sia nessuno che abbia fatto i conti con il proprio passato e sia esente da colpe e rimpianti. Ecco, io sono uno di quelli. E il risultato è questa malinconia di fondo, appena accennata eppure in superficie, che traspare a ogni sguardo, a ogni sorriso sforzato, un non riuscire a godersi le cose fino in fondo, la tristezza che sale come la marea ogni volta che i pensieri si fanno troppo rumorosi.

  • Nella tua poesia convivono cielo e terra. Quanto c’è di carnale e quanto di trascendentale?

  • Sai che non me l’aveva fatto notare nessuno? Cielo e terra, la carne e l’aria, il vento. La dolcezza, il romanticismo e il sesso che assume tanti significati, tante forme. Non saprei tracciare un confine netto alla tua domanda, sicuramente quando parlo di un bacio può essere anche solo sognato o immaginato in una delle mie tante (troppe) fantasie, ma può essere anche un bacio dato (o ricevuto) che ha lasciato dei segni tangibili sulle mie labbra, sulla mia carne. Altre poesie sono più riflessive, introspettive, e forse è lì l’elemento trascendentale di cui parli, quando rimango solo davanti allo specchio e cerco di mettere ordine nelle cose. Ciò non toglie che quando scrivo per qualcuno, ci sono elementi molto forti e passionali. Sai come funziona no? Basta avere davanti agli occhi il soggetto delle tue poesie e iniziare a scrivere con tutto l’amore di cui si è capaci. Così che la poesia, voi stessi e coloro che amate diventiate una cosa sola. A parole sono bravissimo infatti io, poi quando si tratta della parte pratica diciamo che devo ripassare ancora parecchio ahah!

  • Uno scrittore è anche un lettore. Cosa stai leggendo adesso?

  • A parte un giornale sportivo per vedere se la squadra della mia città ha comprato qualche giocatore in vista del campionato (ah, il tifo…), sto leggendo la biogafia di Carver, immenso scrittore americano di short stories e poeta meraviglioso della “quotidianità”. Ho appena finito di leggere libri sui Joy Division-la band- e Nick Cave, i racconti di Salinger e tre libri di Kerouac che mi mancavano. Prossimi credo due di Pavese trovati sulle bancarelle e Dylan Dog.

Grazie dello spazio e dell’opportunità, spero di non avevi annoiato troppo.

Un abbraccio, Daniele

Grazie Daniele di aver risposto alle nostre domande.

 

Intervista con l’autore: Romina Bramanti

Cari lettori, oggi abbiamo incontrato Romina Bramanti, nata e cresciuta in Versilia, scrittrice di prosa e poesia.

– Com’è nata la passione per la scrittura?

Da bambina mi sono accorta che esprimermi a parole non era il mio forte, vuoi per la timidezza, vuoi per il fatto che abitavo in aperta campagna ed ero circondata soprattutto da persone adulte. La poesia mi permetteva di esprimere quello che vedevo e sentivo. Non ho mai smesso!

– Sei scrittrice di prosa e poesia. Che differenza trovi tra i due linguaggi e in quale dei due preferisci esprimerti?

Diciamo che sto maturando molto nella prosa che ho abbracciato in questi ultimi anni, ma il grande amore della mia vita resta la poesia. Comunque mi sto divertendo a spaziare di genere in modo da confrontarmi con me stessa su più piani. Indubbiamente le differenze sono soprattutto nello spirito di chi scrive e di conseguenza di chi legge. Anche se ad oggi, personalmente, non trovo più una differenza netta nei due linguaggi, anzi nel testo di Euridice mi accorgo sempre più di aver usato molta poesia in modo da ‘costringere’ il lettore a scrutarsi dentro un po’ come la nostra cara ninfa!meta

– La tua fonte d’ispirazione?

Tutto. Tutto quello che mi circonda è da sempre un forte stimolo. Oggi cerco spesso di fondere insieme varie forme d’arte proprio perché lo stimolo che ricevo è talmente forte che non mi basta più la sola scrittura per cercare di esprimerlo. Non essendo né una musicista, né un’illustratrice, ricerco intorno a me, anime affini con le quali percorro un tragitto e con le quali riesco a esprimermi in maniera più forbita. Naturalmente il tutto solo per far sì che i lettori si sentano immersi in quel ‘tutto’ che riesce a stimolare le mie (e degli artisti che mi affiancano) emozioni e sentimenti.

– Parliamo del tuo ultimo libro pubblicato Euridice. Perché hai scelto un tema mitologico? Come lo hai sviluppato?

Euridice è un progetto che mi è stato commissionato dall’editrice della Bakemono Lab di Roma, Valentina Cestra. Praticamente ci siamo incontrate a Firenze e ha sottoposto a me e all’illustratrice Laura Bazzechi, la sua idea. Devo dire che da subito sia io che Laura abbiamo abbracciato il progetto con grande entusiasmo. Tornata a casa ho cercato tutti i testi del mito di Orfeo ed Euridice compresi testi teatrali, canzoni recenti o meno, quadri, descrizioni degli inferi e delle creature mitologiche che ne potevano fare da contorno. Di ogni elemento che colpiva la mia curiosità ho preso traccia e ho cercato di riportarlo nel testo. Inoltre, vista la particolarità, ho voluto che il lettore fosse catapultato direttamente nell’anima di Euridice, volevo che fosse un percorso e una visione tali che l’immedesimazione fosse imprescindibile. Ecco perché ho proposto l’utilizzo della prima persona. euri

– Altri progetti a cui collabori nel mondo della cultura?

Faccio parte dell’associazione culturale Nati per Scrivere che grazie al nostro presidente (Alessio Del Debbio) è presente praticamente su tutto il territorio: Roma, Torino, Milano, Sestri Levante, e naturalmente con diversi eventi sul territorio versiliese: un libro al tramonto e i venerdì letterari di villa Borbone giusto per citarne un paio. Sono membro del gruppo di artisti TOF (Testo Originale a Fronte) con il quale organizzo periodicamente rassegne poetiche e presentazione di autori di zona. Ideatrice del concorso fotografico letterario Bramanti #paroleinposa che è giunto alla sua terza edizione e che stiamo portando, grazie a Dark Zone nella persona di Francesca Pace, a livello nazionale inserendo anche molte novità. Ma non voglio svelare troppo!

– Idee per il futuro?

Dopo aver ripreso i diritti del mio romanzo ‘Il Custode dei Cuori’ sto provvedendo ad un editing radicale che spero mi porterà presto alla sua ripubblicazione naturalmente comprensiva del seguito già steso e pronto nel cassetto da un anno. Inoltre è prevista la stesura del terzo capitolo che però prevede una stesura a due mani con l’amica nonché autrice Linda Lercari. Poi chissà… idee tantissime!

– In breve, potresti descriverci i libri fino a questo momento da te pubblicati?

Il primo libro è stata la silloge ‘A cuore vivo’ edita Giovane Holden Edizioni nel 2013 a cui è seguito nel 2014 il romanzo onirico ‘Il Custode dei Cuori’ con la stessa casa editrice. Nel 2017 sono usciti due brevi racconti (‘Lui’ e ‘Interessante’ rispettivamente un noir e un erotico) sull’antologia Brevi Autori vol.4 dell’associazione Bravi Autori.it. Alla fine del 2017 ho auto pubblicato insieme all’illustratrice Chiara Chiozzi una nuova silloge intitolata ‘Metamorfosi del cuore’. A inizio 2018 la casa editrice Bakemono Lab ha pubblicato la mia ‘Euridice’.

– Un pensiero per i nostri lettori.

Leggere non è un reato. Ma anche se lo fosse ne varrebbe comunque la pena!

Se volete conoscere meglio “Metamorfosi del cuore”, qui troverete il link al booktrailer: https://www.youtube.com/watch?v=9GQwtw8NbKE

Grazie a Romina Bramanti per aver risposto alla nostra breve intervista. Alla prossima!

LE PORTE DEL CIELO. SCOPRIRE IL ROMANICO IN TOSCANA

le porte del cielodi Chiara Rantini

Simone Bartolini, Le porte del cielo. Percorsi di luce nelle chiese romaniche toscane, Ed. Polistampa, Firenze, 2017
Questo testo ha origine da uno studio approfondito sul simbolismo della luce all’interno delle chiese romaniche; nello specifico, la ricerca si concentra sull’osservazione della luce in alcuni periodi dell’anno: dal giorno di Pasqua agli equinozi e ai solstizi. Si tratta dunque di un lavoro dettagliato che prende in esame ben 44 chiese toscane, documentando tutta la ricerca con mappe e foto esplicative.

La consuetudine di costruire il tempio di Dio con orientazione verso il sorgere del sole fu praticata per gran parte del primo millennio ma si perse progressivamente a partire dal IX-X secolo, conseguentemente all’allontanarsi della chiesa d’Occidente dalla tradizione del cristianesimo antico e di fatto sovvertendo le indicazioni date dai Padri riuniti al Concilio di Nicea nel 325.

Fin dai testi evangelici e veterotestamentari, la luce è immagine di Dio e rivelazione della presenza del divino. Ne consegue il simbolismo legato a Cristo, inteso come sole nascente, luce che penetra nella notte e dissipa le ombre.

Il libro rappresenta inoltre un’ottima occasione per approfondire certi aspetti della storia religiosa locale e per promuovere la cura di luoghi importanti per la nostra cultura.

 
Simone Bartolini, lavora come cartografo presso la Direzione Geodetica dell’Istituto Geografico Militare. Appassionato di astronomia ha realizzato vari quadranti solari, tra cui ricordiamo l’orologio solare della piazza di Panicaglia nel Comune di Borgo San Lorenzo (FI) e il complesso gnomonico del parco pubblico del monastero buddista di Nan Lian Garden ad Hong Kong (primo premio al X concorso internazionale Shadow of Time). Ha scritto due libri riguardanti gli strumenti astronomici e le meridiane realizzate da Egnazio Danti nella basilica di Santa Maria Novella a Firenze ed il libro SOLE e SIMBOLI sugli zodiaci di San Miniato al Monte e del battistero di San Giovanni a Firenze. Scrive su riviste culturali e scientifiche italiane ed inglesi tra cui Gnomonica Italiana e The British Sundial Society.

INTERVISTA CON LA SCRITTRICE: CLAUDIA MUSCOLINO

Claudia2016Cari lettori, in questa breve intervista conoscerete Claudia Muscolino, una scrittrice fiorentina molto attiva nel panorama letterario degli autori emergenti. Le abbiamo chiesto di parlarci della sua poesia e dei rapporti che intercorrono tra di essa e la narrativa, quindi delle sue pubblicazioni e dei progetti per il futuro. Ma prima dell’intervista, qualche breve notizia biografica.

Claudia Muscolino è nata a Firenze; si è laureata in Scienze Politiche, attualmente è un funzionario della Pubblica Amministrazione. Da sempre ha coltivato una profonda passione per la poesia e la letteratura. Ha esordito come poetessa con ” Il Drago e le nuvole” e l’antologia ” Poesia Impura”. Il suo primo racconto è stato pubblicato nella raccolta “Tagli” curata da Marco Vichi e la sua prima opera di narrativa “A casa per Natale e racconti per tutto l’anno” è stato tra i vincitori del premio letterario Città di Murex 2016. Di recente è uscita la sua seconda raccolta di poesie “Carichi dispersi”.

L’intervista che segue è a cura di Chiara Rantini.

Come ti sei avvicinata al mondo della scrittura?

Ho sempre scritto poesie, fin da giovanissima. Per molto tempo, trascinata da vari eventi, l’avevo relegata a un ruolo secondario della mia vita, finché un’amica giornalista non mi parlè di una raccolta di poesie di poetesse arabe contemporanee. Quei versi fecero riemergere la mia passione e ho ripreso a scrivere poesie, fino a pubblicare nel 2012 una silloge “Il Drago e le nuvole”. Successivamente ho cominciato a dedicarmi anche alla narrativa, in seguito a un corso di scrittura creativa. Il mio primo racconto era intitolato “Sciopero!” e narrava una pagina di storia, sia familiare che politica, come me l’aveva tramandata mia nonna: con grande gioia è stata scelta per essere pubblicata nella raccolta “Tagli” curata da Marco Vichi.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Gli eventi della vita quotidiana, i libri che leggo, i film, la natura, la famiglia, i viaggi che ho fatto e la città dove vivo. Non posso dire di avere una fonte precisa.

Prima viene la poesia o la prosa?

Viene prima la poesia: è stato il primo strumento che mi ha permesso di esprimermi, di dialogare con me stessa, con le parti di me più oscure. Grazie alla prosa, invece, ho imparato a entrare dentro gli altri.

Ci sono degli autori che hanno maggiormente influenzato il tuo personale percorso di scrittura?

Sono sempre stata una lettrice onnivora e ho moltissimi autori, ma soprattutto autrici, che mi hanno “guidata” nel mio percorso. Le prime sono state Jane Austen per la narrativa ed Emily Dickinson per la poesia seguite da molte altre!

Hai all’attivo una raccolta di racconti. Quanto potenziale ha questo genere di composizione letteraria rispetto al tradizionale romanzo?

Purtroppo nel nostro paese le raccolte di racconti non sono molto apprezzati e spesso vengono scartati dagli editori; altrove hanno più fortuna. Basti pensare che Alice Munro ha vinto un Nobel per la letteratura. Secondo me il racconto ha un grande potenziale: impedisce al lettore di distrarsi, tiene ancorati alle pagine e consente anche una lettura non continuativa. Questo dovrebbe avere una grande importanza in Italia dove il numero di chi legge continua a diminuire

Essere una scrittrice emergente significa anche poter incontrare e conoscere direttamente il pubblico di lettori. Quanto è importante, per te, questo tipo di esperienza?

Ha una grande importanza perché mi ha consentito, e mi consente, di creare un legame diretto con chi leggerà i miei libri. Per me costituisce una grande opportunità.

Progetti per il futuro?

Ho finito di scrivere il mio primo romanzo da alcuni mesi. Al momento non ho trovato un editore interessato alla pubblicazione, ma continuo ad avere fiducia: scrivere questo libro mi ha aiutata in un periodo molto difficile della mia vita, confermando il grande potere della narrazione. Significa molto per me, e mi auguro di poter fare in modo che presto i miei lettori abbiano un’altra occasione per leggermi e incontrarmi.

dragoRicordiamo le sue pubblicazioni:

-Il Drago e le Nuvole – Edizioni Rupe Mutevole 2012

-Poesia Impura, AA.VV. – Edizioni Divinafollia 2013

-Tagli 33 scritture, AA.VV. a cura di Marco Vichi – Edizioni Felici 2014

-A casa per Natale e racconti per tutto l’anno – Edizioni Porto Seguro 2016

-Tutte le facce di Firenze, AA.VV. – Edizioni Il Foglio 2017

-Storie- sostantivo femminile plurale, AA.VV. – Edizioni Nardini 2017  natal

-Carichi dispersi – Edizioni Il Poggio 2017

-Squilibri, AA.VV – Edizioni Porto Seguro 2017

Se volete approfondire la conoscenza della sua raccolta di racconti: https://comelapioggiablohttps://comelapioggiablog.wordpress.com/2017/01/31/a-casa-per-natale/g.wordpress.com/2017/01/31/a-casa-per-natale/

indexe della sua silloge poetica:

https://comelapioggiablog.wordpress.com/2018/01/09/il-peso-della-memoria-una-silloge-di-claudia-muscolino/

 

“C’era due volte Marcovaldo”. Incontro col pictor-poeta Massimo De Micco.

 

libromarcovaldoMassimo De Micco si camuffa dietro lo pseudonimo Coppo di Marcovaldo perché per accostare i grandi bisogna indossare una protezione. Tra i grandi annovera Borges, Calvino, Chesterton e Rodari che gli hanno insegnato a rivoltare la realtà come un calzino in cerca di quel poco o tanto di felicità che contiene. E quando non la trova nella realtà la cercherà nella lingua, per l’esattezza sulla punta della lingua dove vanno a nascondersi le parole veritiere. La sua formazione psicologica e il suo lavoro nella formazione professionale lo hanno messo in contatto con tanti “Marcovaldi” in cerca di autore, persone semplici capaci di pensieri complessi, vite ai margini del chiacchiericcio e della reclàme, sorci sordi che non seguono il Pifferaio di turno. E forse per lunga consuetudine un po’ Marcovaldo il nostro autore lo è diventato.
Sono comparse alcune sue poesie nel volume “Affluenti”, ed. Ensemble; ha pubblicato “C’era due volte Marcovaldo“, ed. Fuori Binario, articoli su letteratura, filosofia, scuola e infanzia su riviste specializzate cartacee e online (Tlon, Psicolab, Ecole, Kykeion…) e illustrazioni per le case editrici Giunti e Alpes.

– Poesia, prosa, pittura: quale detiene il posto di onore?
La pittura viene prima, perché disegnavo qualcosina già prima di parlare.
Le parole sono così andate ad unirsi alle immagini e tuttora si accompagnano alle figure che evocavo e anche all’immagine del testo. Scrivo come dipingo, con ampie pennellate che lasciano al pubblico la libertà di ricostruire ciò che sta intorno e dietro.
– Come nasce il personaggio di Coppo?
Marcovaldo è una lettura che mi propose mia madre in una fase della vita in cui non trovavo pi gusto nella lettura. Il rimedio funzionò e di lì a poco ebbi bisogno degli occhiali.
Ho ripensato a quel personaggio quando ho sentito l’esigenza di scrivere con leggerezza di cose gravissime come il razzismo, l’antipauperismo e il sistema delle grandi opere. Coppo si è aggiunto a Marcovaldo quando ho pubblicato i racconti che eccedevano l’edizione cartacea su Facebook, perché Facebook è un gioco e volevo che restasse tale, chiamare l’autore delle mie cose con il nome di un pittore fiorentino che decorò il Battistero  insieme a Cimabue mi aiuta a muovermi a mezz’aria tra il cielo della letteratura e l’inferno che ribolle sotto i social network.
– Realtà o fantasia? Cosa ti ispira di più?
Ho assunto un nome d’arte proprio per non essere legato a una scuola o a un modo di fare, perciò le mie fonti di ispirazione variano e sono tante come le risposte che gli scrittori che ho letto hanno dato a questa domanda. Ne ricordo alcune: per Coleridge la poesia è immaginazione, per Wordsworth emozione raccolta in solitudine; un poeta delle nostre parti scrisse “Realtà vince il sogno” e un altro di diversa fede mise in una canzone politica questi versi “Noi non vogliam sperare niente, il nostro sogno è la realtà”. Se guardo indietro a quello che ha combinato Coppo di Marcovaldo e non a quello a cui fantastica di volersi ispirare, direi che o ispirano gli equivoci e i contrasti.
– Parliamo della poesia. Chi sono gli autori che ti hanno maggiormente influenzato?
Troppi, tanto è vero che sono ancora alla ricerca di un mio linguaggio poetico, perché in poesia non ho un marcovaldo che virgilianamente mi prende per mano garantendomi che prima o poi si uscirà a rivedere qualche stellina. Tra tutti mi sentirei di scegliere Guido Gozzano, con la sua attenzione entomologica a scorgere il grande e l’immenso nel piccolo e nel minuscolo e Edgar Lee Masters e la sua impresa titanica di dare ragione di ogni esistenza e dei suoi intrecci con le altre in poche sceltissime parole che però mi pare che non si allontanano mai troppo dall’eloquio lingua familiare, anche se questo bisognerebbe chiederlo a qualcuno per cui l’americano è più familiare. Brecht e Benn, le poesie che scrissero prima delle vicende politiche che li divisero (c’è un Marcovaldo in proposito, “Il Poeta“). Poi la poesia persiana del nostro Medio Evo (Attar, Nezami, Rumi, Hafiz…) Via via sto scoprendo l’universo poetico di un grande autore irakeno recentemente scomparso, un amico, Hasan Hatya al Nassar. Le sue poesie aprono l’antologia “Affluenti” a cui sono felice di partecipare.
– Fai anche delle collaborazioni con riviste locali. Quali sono, secondo te, le criticità maggiori delle città e del territorio fiorentino in particolare?
Il turismo e le grandi opere, due facce della stessa moneta, una moneta che servirà per pagare quanti saranno desiderosi o costretti a lasciare la città in mano a quel brutto intreccio di speculazione edilizia e sfruttamento dell’immagine che chiamano “gentrificazione”.
– Recentemente a Roma è stata allestita una tua mostra di pittura e poesia. Parlaci di questa iniziativa.
Avevo preso il brutto vizio di postare su facebook i miei disegni e qualche quadro e il gestore di un locale dell’urbe che conosco e che ha ospitato alcune serate poetiche a cui ho partecipato mi chiese se volevo unire poesia e pittura in una mostra. E’ il B-Folk a Centocelle, piccolo ma agguerrito, che organizza eventi che a uno che viene dalla provincialissima Firenze sembrano tutti di una qualità inimmaginabile. Per l’occasione commentai in poesia alcuni quadri. Al di là del risultato, vedo con favore la poesia d’occasione che non faceva inorridire i classici e che è stata umiliata dal culto romantico del genio che in fin dei conti ci ha dato le guerre napoleoniche e altri macelli.
– Progetti per il futuro.
Ripeterò l’esperimento del B-Folk in un locale di Firenze Sud a metà febbraio. A breve dovrebbe uscire una nuova raccolta di “marcovaldi”.
– Per concludere, un tuo pensiero da regalare ai lettori.
Leggete Come la Pioggia e seguite questi ragazzi che conosco da tanti anni e che mi stupiscono sempre per come affrontano con coraggio e con costanza ogni nuova impresa.

Grazie a Massimo De Micco e alla prossima intervista!

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INTERVISTA CON LA SCRITTRICE PAOLA PICCHIONI

Cari Lettori,

oggi vi presentiamo, in questa nuova rubrica, la scrittrice Paola Picchioni. Picchioni

Paola Picchioni nasce a Fucecchio, si laurea in Lingue e consegue il Dottorato in Anglistica a Pisa. Pubblica saggi di critica letteraria e ha esperienze di traduttrice ed editor. Vince il premio speciale della giuria del Concorso InediTO 2013 con Colline Pisane. Pubblica alcuni racconti tra cui “Pensione Stella” in Profondo Blu e “Come un cane” in Sensi e Dissensi. Esce il primo romanzo Miraggio.it ed. Carmignani (2015) e partecipa al progetto leterario Cento di questi sogni ed. MdS (2016) con due flash fiction. A due anni dall’uscita di Miraggio.it, l’autrice pisana ritorna con il secondo volume dal titolo Figli di Un Mondo Nuovo, edito sempre da Carmignani.

Ciao Paola!

Parlaci della tua passione per la scrittura. Quando è nata e quanto è importante per la tua vita?

Ho sempre scritto fin da bambina, diari, lettere, articoli per i giornalini della scuola, inviti, commemorazioni, lettere formali per chi me le chiedeva, e persino i verbali a scuola quando ancora non esisteva la figura del verbalista. Ho cominciato a scrivere narrativa dieci anni fa quando un’amica di scuola, che ben conosceva questa propensione alla scrittura, mi ha spinta a farlo.

-Hai all’attivo due romanzi, di cui uno pubblicato recentemente. Come riesci a conciliare la tua professione di insegnante con “il mestiere di scrivere”?

In verità prima dei romanzi del ciclo di Miraggio.it ho scritto la raccolta di racconti Colline pisane pubblicata, diversi racconti e ancor prima un romanzo che è sempre nel cassetto, per cui dedico tutti i giorni di ferie a questa attività. In genere, non scrivo quando lavoro se non piccoli racconti; durante l’inverno in genere mi occupo solo delle presentazioni o della correzione delle bozze. Se ho lavorato intensamente ad un romanzo in agosto poi devo aspettare la settimana di Natale per riprenderlo, ma è probabile che lo termini l’estate successiva. E’ successo così con Miraggio.it (tre estati) e con Figli di un Mondo Nuovo (due estati).

-Secondo te, cosa può indurre un giovane oggi a preferire la lettura di un libro piuttosto che l’intrattenimento multimediale?

I genitori e gli insegnanti possono farlo, semplicemente obbligandoli. Io ho scoperto così la lettura! I miei insegnanti alle medie e liceo mi hanno obbligata e da lì ho cominciato. Non lo avrei mai fatto da sola, avevo la TV, le lezioni di piano, il teatro, gli amici. Nessun giovane lo farebbe mai! Quando leggi la vita si ferma! Come può un ragazzino pensare a fermare la propria esistenza per leggere delle pagine stampate o virtuali? L’adulto deve costringere il ragazzo a leggere e poi scatterà qualcosa da sé, che per qualcuno come me e te sarà una dipendenza che durerà tutta la vita; se non scatta pazienza!

-Nei tuoi romanzi tocchi questioni sociali di un certo spessore. Cosa è più importante per te: costruire una trama perfetta o suscitare la riflessione su alcuni temi?

Sono entrambe importanti. Una trama che funziona e far riflettere su come il mondo è cambiato e sta cambiando. Però ci tengo molto anche a “intrattenere”. Io sono felice quando mi dicono i lettori che si sono divertiti.

-L’idea di partenza di un tuo testo da cosa ha origine? Un pensiero, una suggestione, un’immagine…

Dipende dal tipo di libro che faccio. Per Colline pisane e il precedente ho voluto raccontare storie di tipo autobiografico quindi non ho fatto altro che cercare un filo conduttore e poi lavorare nella memoria facendo più un lavoro di regressione che non di creazione. Nel ciclo di Miraggio.it , invece, mi invento i personaggi a tavolino, costruisco delle trame e poi li lascio venir fuori da soli. Certe battute, certi eventi mi vengono in mente all’improvviso mentre sto facendo altro (cucinare, passeggiare, parlare con mio marito o gli amici… ) e corro ad appuntarmele nel file “Progetto” o sul cellulare se sono lontano da casa. Quel file si arricchisce di volta in volta anche mentre sto già scrivendo la prima bozza.

-Quali sono state e quali sono adesso i tuoi generi letterari e i tuoi autori preferiti?

Il mio preferito in assoluto è la poesia tanto che ho rischiato di diventare un ricercatore universitario del Dipartimento di Anglistica (ho un trascorso di collaborazione col prof. A.L. Johnson dell’Università di Pisa). Tuttavia, non ho mai osato scrivere una poesia, forse proprio per rispetto al genere! Credo, invece, che scrivere narrativa sia alla portata di tutti, o quasi, per cui non si faccia grossi danni se ci si prova!

-Essendo una scrittrice emergente, quanto è difficile, nel mondo di oggi, raggiungere il maggior numero di pubblico possibile?

E’ tanto difficile e spesso anche frustrante. Tuttavia, ho imparato ad accontentarmi dei miei pochi ma entusiasti lettori che mi riempiono di gioia ogni volta che esce un nuovo libro.

-Nella stesura di un romanzo quale è la parte più importante?

In parte ti ho già risposto. Nel ciclo che sto scrivendo i personaggi sono decisamente la cosa più importante, se funzionano loro, soprattutto i protagonisti, poi tutto il resto viene da sé.

Grazie a Paola Picchioni di aver risposto alle nostre domande. Le auguriamo un buon lavoro!cop_picchioni_ml

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INTERVISTA CON LO SCRITTORE: Alessio Del Debbio

Cari lettori, logo.001

oggi vi presentiamo, in questa nuova rubrica, lo scrittore Alessio Del Debbio. Viareggino, appassionato di fantastico, ha frequentato i corsi di scrittura di Mirko Tondi, scrittore e giornalista toscano. Numerosi suoi racconti sono usciti in riviste (come Con.tempo e StreetBook Magazine) e in antologie (come I mondi del fantasy, di Limana Umanìta, Racconti Toscani, di Historica Edizioni, Sognando, di Panesi Edizioni).

I suoi ultimi libri sono Favola di una falena (Panesi Edizioni, 2016), Ulfhednar War – La guerra dei lupi (Edizioni Il Ciliegio, 2017) e Berserkr (Dark Zone Edizioni, 2017).

Cura il blog “I mondi fantastici” che promuove scrittori emergenti di letteratura fantastica italiana. Scrive recensioni di romanzi fantasy per il portale di letteratura fantastica “Lande incantate”. Dall’estate 2015 organizza la rassegna “Un libro al tramonto” – Aperitivi letterari a Viareggio, per far conoscere autori toscani.

Conosciamolo meglio con questa breve intervista:Alessio Del Debbio

– Come è nata la passione per la scrittura?

La passione è nata e cresciuta col tempo. Da ragazzo mi divertivo a inventare storie, proseguivo le avventure degli eroi dei miei libri o fumetti preferiti, costruivo mondi fantastici e ideavo giochi insieme agli amici, poi, col tempo, queste idee, questi pensieri, sono diventate le prime storie che ho imbastito, i primi racconti da cui è iniziato il viaggio.

-Che genere di letture facevi da ragazzo e quali sono le letture che preferisci adesso?

Da ragazzo leggevo molti fumetti, soprattutto Topolino, Paperinik, I Cavalieri dello Zodiaco e i supereroi americani, non amavo molto i libri, che ho iniziato ad apprezzare terminata la scuola dell’obbligo. Le mie letture preferite sono romanzi fantastici di ogni tipo, dal fantasy classico a quello urban e contemporaneo, senza dimenticare i romanzi d’avventura, storici, di fantascienza, tutti quelli che presentano elementi fuori dal reale, fuori dal comune.

-Quale è stato il tuo primo libro pubblicato?

Il mio primo libro edito è stato Oltre le nuvole, nel 2010 (Oddio, quanto tempo è passato!), una storia di amicizia e amore, con protagonisti alcuni ragazzi di Viareggio, ritratti nel delicato momento di passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

-A quale tuo testo sei maggiormente affezionato?

Eh, difficile dirlo, un po’ a tutti. Forse a Ulfhednar War, in quanto, trattandosi di una trilogia, sono ormai molti anni che ci lavoro, per un libro o per un altro. Ma è difficile fare una classifica, racconti e romanzi sono tutti figli nostri.

-Cosa è cambiato negli ultimi tuoi testi rispetto allo stile, alle ambientazioni e ai personaggi?

Sì, direi che qualcosa è cambiato, qualcosa cambia, anche da un anno all’altro, sia perché scrivendo e continuando a scrivere ognuno affina le proprie abilità, capisce i propri punti di forza (e insiste su quelli) e le proprie debolezze, e cerca di migliorarsi, e anche di rinnovarsi continuamente. Sia per adattare i testi a target e ad atmosfere diverse. Al momento credo di essere molto più asciutto rispetto all’inizio, di prediligere la trama, il ritmo e l’intreccio rispetto a lunghe descrizioni o riflessioni.

-Nuovi progetti?

Tanti! Ci vorrebbe un libro per parlare di tutti! 😊 Al momento sono impegnato nella promozione degli ultimi romanzi usciti: Berserkr e La guerra dei lupi, due fantasy contemporanei. Nel 2018 uscirà I figli di Cardea, il secondo capitolo della trilogia Ulfhednar War, e una nuova edizione di L’ora del diavolo, questo solo per parlare dei miei libri. Nel frattempo sto curando un’antologia di racconti di scrittori italiani e aiutando alcuni amici e soci dell’associazione Nati per scrivere a curare e promuovere i loro libri. Insomma, tante cose da fare, tanti momenti di condivisione culturale!

-Quanto è difficile trovare un posto nel variegato mondo editoriale italiano?

Tanto. È inutile girarci intorno: c’è troppa offerta e poca domanda. Gli italiani, per la maggior parte, non amano leggere, preferiscono stare incollati a un cellulare e stanno rinunciando persino a parlarsi di persona. A fronte di questo sconsolato panorama, c’è un’invasione di titoli sul mercato, dovuta a tanti fattori, prevalentemente di natura commerciale, che porta il (debole) lettore medio a sentirsi disorientato. Se a questo aggiungiamo che le piccole case editrici hanno ovviamente poca possibilità di farsi pubblicità, al giusto prezzo, ci ritroviamo con le librerie e gli scaffali dei lettori pieni dai soliti titoli dei grandi editori.

Ciò detto, non bisogna lasciarsi spaventare e continuare a promuovere cultura. Questa è la missione principale per tutti coloro che bazzicano nell’incasinato mondo editoriale italiano, senza arrendersi. Tempi migliori verranno, anche perché peggiori sono difficili da immaginare… L’importante è credere nel proprio lavoro, continuare a studiare, a formarsi, a migliorare, per offrire al lettore prodotti scritti con il cuore, in grado di far breccia anche nei cuori più diffidenti e restii alle novità.

-Sei presidente di un’associazione culturale. Parlaci di questa esperienza.

Nati per scrivere è una bellissima esperienza, una creatura di cui mi sento il padre! Un gruppo di appassionati del mondo dei libri, che si ritrovano periodicamente per parlare delle loro letture e di ciò che stanno scrivendo, confrontando le idee e trovando aiuto nelle qualità e nell’interesse degli altri. Organizziamo eventi culturali, presentazioni di libri e incontri con l’autore, soprattutto in zona Viareggio e Versilia, ma siamo disponibili comunque a spostarci dove c’è interesse per il mondo dei libri.

Nel 2018 ci aspettano una nuova antologia di racconti, scritti da soci e amici di NPS, due rassegne letterarie (tra cui la storica “Un libro al tramonto”, gli aperitivi sul mare a Viareggio), fiere e incontri librosi, laboratori di scrittura creativa, workshop e tante altre sorprese!

-Grazie di aver risposto alle nostre domande. 

Grazie a voi per l’ospitalità!

Se volete seguirlo, ecco i suoi contatti:
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/alessio.deldebbio/

Blog I mondi fantastici: https://imondifantastici.blogspot.it

Sito Nati per scrivere: http://natiperscrivere.webnode.it

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