di Chiara Rantini
Paolo Cognetti, Le otto montagne, Torino, Einaudi, 2016
Candidato alla vittoria del prestigioso “Premio Strega”, Le otto montagne di Paolo Cognetti è un libro a cui non si può restare indifferenti poiché molteplici sono i livelli di lettura, dal più superficiale che si limita all’intreccio, tra l’altro molto ben costruito, a quello più profondo che tocca temi come la solitudine, l’amicizia e il senso della vita.
Leitmotiv della narrazione sono le montagne, le Alpi piemontesi in tutta la loro selvaggia bellezza. Anzi, possiamo dire, in questo caso, che senza le montagne non ci sarebbe stata alcuna storia dato che il rapporto che il protagonista Pietro, io-narrante, instaura, sin dall’infanzia, con questi giganti di pietra condiziona totalmente il corso della sua vita, nel bene e nel male. E non è il solo. Con lui, c’è l’amico di sempre, il piccolo montanaro Bruno. Insieme vanno alla ricerca di una dimensione esistenziale, confrontandosi, completandosi, interrogandosi a partire da ciò che la montagna comunica loro. La montagna può essere vita, gioia, appagamento ma anche morte, delusione, rabbia.
Sono gli anni del boom economico in Italia e il sogno di una vita comoda in città conquista gli abitanti della montagna. Progressivamente, come si legge nelle pagine di Cognetti, i paesi, gli alpeggi si spopolano mentre le vie di comunicazione di un tempo e le opere costruite con tanta fatica per contenere la furia degli agenti atmosferici si deteriorano lasciando alla natura, il potere di scatenarsi e di riconquistare a modo suo ciò che un tempo l’uomo aveva governato. Oltre a questa riflessione di natura ecologica, sembra però di percepire, nella voce narrante del protagonista, una sorta di accettazione di questa condizione come se solo di un destino dominato dalla supremazia della natura potessero alimentarsi la nostalgia e il desiderio di fare ritorno all’antica patria seguendo molteplici vie (i sentieri e i fuori-pista) che altro non sono che metafore della continua ricerca di se stessi.
Bruno e Pietro manterranno integra, come neve immacolata, la loro amicizia nonostante le avverse vicissitudini e i diversi stili di vita ma nessuno dei due riuscirà a salvare l’altro dal proprio destino, di morte per Bruno, di irrequieta erranza per Pietro perché come si legge nella chiusa del libro… in certe vite esistono montagne a cui non è possibile tornare…e … non resta che vagare per le otto montagne per chi, come noi, sulla prima e più alta ha perso un amico.