di Chiara Rantini
Elizabeth Gaskell, La casa nella brughiera, Edizioni Croce, Roma, 2016
È con piacere che salutiamo la pubblicazione di questo breve romanzo di una scrittrice inglese non molto nota ai lettori italiani. Elisabeth Gaskell, (29 settembre 1810 – 12 Novembre 1865) è autrice di una vasta produzione di racconti e novelle. I suoi romanzi offrono un ritratto dettagliato della vita di molti strati della società vittoriana, in particolare della classe del proletariato. Il suo primo romanzo, Mary Barton, fu pubblicato nel 1848. Nel 1857 la Gaskell scrisse la prima biografia su Charlotte Brontë. Altri romanzi più noti sono Cranford (1851-1853), Nord e Sud, e Mogli e figlie (1865). Collaborò con Charles Dickens per una importante rivista inglese. Nelle sue storie non mancano le critiche alla società contemporanea, sottolineando il ruolo delle donne, con narrazioni complesse e personaggi femminili realistici. Nel luglio 1841 la Gaskell visita il Belgio e la Germania. La letteratura tedesca ebbe una forte influenza sui suoi racconti e ne troviamo traccia anche in alcune pagine de La casa nella brughiera.
La casa nella brughiera, commissionata come testo natalizio nel 1850, racconta la storia di Maggie Browne, figlia di un uomo del clero protestante che, morendo improvvisamente quando la protagonista è ancora bambina, lascia in lei un grande vuoto affettivo. Nella casa di campagna, di cui la Gaskell descrive con grande maestria l’ambiente solitario della brughiera che la circonda, Maggie continua la propria vita a fianco di un fratello maggiore, Edward, poco sensibile e molto tirannico nei suoi confronti e la madre, vedova del pastore, che ha un’evidente predilezione per il figlio maschio, trascurando di fatto la piccola Maggie. Vive con loro anche una domestica, Nancy, una vecchia che nutre un affetto sincero per Maggie, sostituendo così, in parte, l’amore assente della madre. In questo ménage familiare scandito dalla noia, si inserisce un evento fondamentale per il resto della storia. Un giorno la famiglia è invitata alla tenuta della ricca famiglia Buxton. Nella famiglia Buxton, Maggie incontra l’accettazione e l’amore. In particolare la bambina si affeziona alla signora Buxton che, invalida, è costretta a passare le sue giornate a letto. Maggie conosce anche Erminia, una bambina adottata dalla famiglia dopo la morte di un loro parente e Frank, il figlio dei Buxton. Tolta dall’ambiente familiare a cui era sottoposta ad ogni genere di privazione intellettuali e affettiva, Maggie svela la sua vera natura: da bambina considerata pressoché stupida si rivela essere molto intelligente, sensibile e altruista.
Dopo la morte della signora Buxton, il romanzo prosegue nel raccontare le vicende di Maggie e Frank adulti. Edward è diventato un avvocato e gestisce alcuni affari per il signor Buxton. I due amanti vorrebbero sposarsi, ma il padre di Frank si oppone. Frank medita di emigrare in Australia o in Canada ma Maggie non vuole assolutamente partire. Nondimeno i loro progetti sono spazzati via dalla bufera finanziaria che coinvolge lo scapestrato Edward, mettendo a rischio tutta la stabilità della famiglia. Maggie si offre dunque in aiuto del fratello, rinunciando momentaneamente alle nozze con Frank, decidendo di imbarcarsi per l’America con Edward al fine di dargli una nuova opportunità di vita. Il romanzo termina con un naufragio in cui troverà la morte Edward mentre i due sposi si salveranno e andranno a costituire un nuovo nucleo familiare.
Ciò che fa di questo libro un piccolo gioiello della letteratura di età vittoriana è la forte caratterizzazione dei personaggi. Traendo ispirazione dalla novellistica tedesca, la Gaskell ha saputo creare due figure totalmente antitetiche. Maggie e Edward, che, pur essendo fratelli, rappresentano due poli opposti: uno positivo e l’altro negativo. Ciò che per Maggie è un valore, per Edward è un disvalore e viceversa. Ma a differenza delle storie di Natale tradizionali, pensiamo al coevo Canto di Natale di Dickens, il testo della Gaskell non ha un epilogo di redenzione. Edward non solo non si pente dei propri errori ma fino all’ultimo si macchia di profondo egoismo allorché tenta di sfuggire al naufragio anteponendo la propria salvezza a quella di donne e bambini innocenti. Anche nei confronti della madre, l’esempio di vita irreprensibile incarnato da Maggie non ha l’effetto che ci si aspetterebbe. Nelle battute finali del romanzo, la madre non cambia atteggiamento, continuando a manifestare la sua irragionevole preferenza verso il figlio maschio. Poco le importa del sacrificio e dello scampato pericolo a cui si è esposta Maggie nel tentativo di salvare il fratello. E sono proprio l’abnegazione e il sacrificio di sé i tratti caratteristici della nostra eroina. Fin da bambina tollera la schiacciante presenza e la diuturna prepotenza del fratello, cercando, piuttosto che lo scontro diretto, una condizione di pace e di armonia familiare. Questa condizione fortunatamente viene da lei vissuta all’interno della famiglia Buxton, soprattutto grazie alla signora Buxton che, intuendo le qualità della piccola Maggie, le coltiva e in un certo senso le indirizza nella giusta direzione. Da adulta, Maggie alla sua dolcezza e capacità di sopportazione, aggiunge il coraggio e il forte senso di responsabilità, schierandosi apertamente contro l’ideale della ricchezza priva di un’etica, del porre il denaro al primo posto rispetto ai sentimenti e all’onestà.
Infine, qualche breve considerazione sulla seconda grande protagonista del romanzo: la brughiera. Esiste una sintonia tra Maggie e questo particolare ambiente della campagna inglese. Essa è per lei il luogo dove poter sognare e trovare conforto. La sua vasta estensione è in un qualche modo immagine dell’infinito e quindi di Dio. In essa e nella sua apparentemente muta solitudine, vicino all’unico arbusto, un biancospino che riesce a sopravvivere alla furia dei venti e in cui possiamo vedere il simbolo della croce, Maggie bambina e adulta trova le risposte alla sofferenza che la minaccia. La simbiosi con l’ambiente naturale è per lei fonte di salvezza e allo stesso tempo palestra dove esercitare la sua innata capacità introspettiva che le permette di vedere oltre le apparenze fino alla radice dei problemi.