I giorni d’estate di Singer

giorni d'estate

di Chiara Rantini

Israel Joshua Singer, Giorni d’estate, Passigli Editori, Firenze, 2016

Nel villaggio, un’aria pesante e infuocata, satura di sole, di polvere e di mosche, gravava sulla piazza rotonda del Mercato. Al centro della piazza, il tetto del municipio decrepito ribolliva per tutto il suo bitume, diffondendo un odore acre. Sulla soglia delle botteghe ebraiche deserte, i commercianti erano assopiti per il caldo, la sete e l’inattività: nessun incontriamo uno strano ufficiale che fa della sua stravaganza l’arma di riscatto contro l’ottusità e la povertà intellettuale di una comunità che ruota cliente in vista. Più lontano, uno straccione vagabondo si difendeva con il bastone da un cane che lo seguiva abbaiando, roco e ostinato. Dalla grossa lingua penzoloni colava della schiuma. Sembrava rabbioso.”

Una nuova raccolta di racconti dello scrittore Israel Joshua Singer è stata recentemente pubblicata da Passigli Editori. Qui, come in altre opere, la penna dell’autore yiddish tocca argomenti importanti quali lo scontro generazionale e la perdita delle radici e delle tradizioni ebraiche all’interno di un tessuto sociale che lentamente va sgretolandosi sotto i colpi della storia.

La breve ma torrida e implacabile stagione estiva fa da sfondo alle storie narrate caratterizzate dal tipico humour ebraico dove i protagonisti che vivono ai margini della comunità devono affrontare le dure vicende della vita quotidiana. Si tratta di personaggi bizzarri, fuori da tutti gli schemi, incompresi, reietti, derisi e tuttavia dotati di una forza e di un carisma non indifferenti.

Così nel primo racconto che dà il titolo alla raccolta, attorno ad una modesta osteria. Gli altri racconti invece perdono un po’ di questa leggerezza disincantata e, lasciando al lettore l’amaro in bocca, si addentrano in un mondo caratterizzato dalla crudeltà delle relazioni. È il caso di Shmarya Wolf, protagonista di Sangue, che fin dall’infanzia, deve confrontarsi con l’autorità paterna e con la discendenza rabbinica che il figlio rifiuta al punto tale da farsi battezzare e sposare una vedova cattolica. Anche Joel, nel racconto Cave di argilla, deve subire le angherie del padre che, non comprendendo la vena artistica del figlio, tenterà di obbligarlo a fare l’apprendista presso un cappellaio, causando così la fuga del ragazzo che, anche in questo caso, si tradurrà in un rinnegamento delle proprie radici.

Nella scrittura di Singer, così immediata e poeticamente descrittiva, si avverte l’urgenza di una denuncia che tuttavia non riesce ad essere pienamente tale a causa di una sorta di senso di rassegnazione che aleggia tra le righe, quasi che il destino di queste comunità dell’est europeo, in bilico tra il passato e il futuro, fosse già segnato dalla decadenza e da una perdita irreparabile.

Buona lettura.

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